Cosa bolle in rete

Hanno fatto scuola.

Spadroneggiano ovunque, in televisione, sui giornali, sui periodici, nelle sale dei dibattiti, su internet. Stanno a discorrere di qualsiasi argomento, che sia di vita privata, di esperienze personali e sentimentali, di politica, eventi di qualsiasi genere… a insulti, gli uni contro gli altri. Essi sono i “divi” che imitiamo e replichiamo, in forme minori ma altrettanto attive, a tutti i livelli sociali: dal circolo culturale del paese al bar centrale, nelle assemblee di condominio, negli incontri pubblici, sui social network. Ne siamo la copia, fateci caso!

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Facebook per esempio: l’altro ieri un amico mi suggerisce di visitare una di quelle pagine che danno voce al senso di appartenenza dei propri abitanti (“Sei di… se…”) dove il nome del paese sostituisce i primi punti di sospensione e una tradizione legata a quel luogo i successivi. Ebbene, su quella pagina che dovrebbe servire – oltre che a condividere ricordi tra persone che fanno parte della stessa comunità – a informare di eventi di paese, a confrontarsi su tematiche che riguardano la vita pubblica o a rallegrarsi con frasi dialettali giusto per rafforzare il legame col territorio, sempre con delicatezza, rispetto, senza mai intimidire, ho letto commenti pieni di insulti, sbeffeggi e provocazioni tra persone intente a far prevalere il loro “sapere”. Ecco: su quella pagina l’esatta replica dei “divi” che “Hanno fatto scuola”… quella scuola che ha cambiato una società, quella italiana, rendendola incapace di dialogare, di organizzarsi e interessarsi alla vita pubblica, persino in un piccolo paese.

Se davvero vogliamo una società migliore, allora dobbiamo cambiare il nostro modo di comunicare e smettere di imitarli. Occorre tornare “persona disposta ad ascoltare l’altra”. Occorre ripartire da dove “se ne so di più lo uso, ma senza mai umiliare chi mi sta di fronte”. Occorre mettersi alla pari con tutti… se no non c’è speranza.

(By Carletto Ribolla)